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3 leve per il cambiamento: dolore, piacere e…

di Virginio de Maio Nel film L’ultimo sogno, un padre disperato per le condizioni del figlio tossicodipendente, all’ennesimo ritrovamento della “roba” la getta nell’immondizia senza pensarci due volte, attirando così l’ira di Sam. Sarà quella lite furibonda ad accendere la fiamma del cambiamento, esattamente nel momento in cui il padre dirà: “Sai qual è la cosa stupenda? È che il cambiamento può essere così costante che non senti nemmeno la differenza fino a quando non cambia tutto. Può essere un processo così lento che non ti accorgi che la tua vita è meglio o peggio, finché non è diversa. Oppure il cambiamento può essere radicale, tutto è diverso in un attimo. È capitato così a me.” Ecco descritte due delle tre vie attraverso le quali il cambiamento avviene:
  1. Lentamente spinti dalla leva del piacere visualizzando l’impatto e le conseguenze di quel mutamento nella nostra vita.
  2. All’improvviso attivati da forze quasi “violente” per evitare di provare dolore.
Il Coach sa che la combinazione delle due leve, piacere-dolore, è particolarmente efficace nel processo di Coaching affinché il Coachee vinca sul naturale e biologico magnetismo della zona di comfort. Quello che George (nel film uno straordinario Kevin Kline) manca di dire è che l’unica volta che il cambiamento diventa repentino e immediato è quando le nostre ferite acutizzano il dolore, al punto da non essere sopportabile. È così che cambiamo velocemente, perché il dolore è una leva molto più potente. In quei momenti, quando la sofferenza diventa lancinante, riusciamo a trovare una forza sovrumana tale da ribaltare le situazioni fino a trasformare la nostra vita, in meglio. Come ha detto una volta Jim Dornan: l’uomo è come una bustina di tè, non si può dire quanto è forte fino a che non la si mette nell’acqua bollente. Allo stesso modo, a chi non riesce a cambiare le sue abitudini si usa dire: “non cambi, perché non soffri abbastanza”. Lo stesso George, nel film, cambia il suo stile di vita solo quando gli viene diagnosticato un brutto male. È così che realizza l’“ultimo sogno” costruendo una casa nella quale riunire la sua famiglia. Un bravo Coach, grazie a domande e feedback ben calibrati, porta l’attenzione non solo sul dolore, ma anche sul piacere, affinché il Coachee venga “aspirato” da forze positive, sospinto verso un obiettivo consapevole. In tal senso il cinema ci offre tantissime sceneggiature: da “Il lato positivo”, film nel quale i due protagonisti Pat e Tiffany, entrambi con problemi emotivi, escono dalla depressione puntando ad un obiettivo preciso: vincere una gara di ballo; per finire al film “Yes Man” in cui Carl, un uomo deluso e annoiato sempre pronto a fuggire dalla vita, si trasforma grazie al potere catartico del “sì”. Il rischio che si corre infatti, scappando esclusivamente dal dolore senza mettere a fuoco “il piacere” verso il quale si desidera andare, è quello di ritrovarsi ovunque, finendo dalla padella alla brace. Tuttavia quello che apprezzo maggiormente nei film è che molti di essi ci ricordano l’incredibile spinta al cambiamento che emerge dalla terza leva, ovvero la prospettiva della morte. Osservarci dalla prospettiva della morte è un cambio di paradigma che rende tutto immediatamente ecologico, mettendo in ordine priorità e valori, senza rischio alcuno di mancare gli obiettivi importanti. All’improvviso tutto cambia: il valore che diamo alle cose, ai progetti, alle relazioni. Non deve apparire macabro come principio solo per il fatto che non siamo abituati a ragionare in questi termini. Il Dalai Lama esprime bene questo punto di vista: “gli uomini vivono come se non dovessero morire mai e muoiono come se non avessero mai vissuto”. Nella morte non c’è piacere e non c’è dolore, c’è invece un’altra dimensione che dobbiamo imparare a scoprire e rispettare. Le nostre resistenze come uomini dinanzi ai minimi cambiamenti derivano proprio dalla mancata accettazione della morte come inizio di qualcos’altro. Per questo attraverso la distorsione temporale il Coach può aiutare il Coachee a chiarire le sue priorità e ritrovare la motivazione al cambiamento:
  • Se avessi un solo anno di vita, come sarebbe la tua giornata tipo? Chi chiameresti? Cosa faresti? Quali sarebbero le tue priorità?
  • Se invece sapessi di dover vivere ancora duecento anni, cosa cambierebbe?
Quasi mai le risposte rispecchiano le nostre abitudini attuali. Perché? Perché non accettiamo la nostra mortalità e questa consapevolezza porta a rimpianti, frustrazioni (dolore), ma anche eccitazione (piacere) per tutto quello che possiamo ancora realizzare. La terza leva inoltre ci ricorda che il cambiamento è inevitabile, che non può aspettare e che tutto si muove sotto l’apparente immobilità delle nostre abitudini. Come ha detto una volta Neale Donald Walsch: “La vita è cambiamento, se non c’è nulla che cambia non c’è nulla che vive.”