“Le convinzioni sono forme di pensiero che plasmano la nostra esistenza.”
Citando Robert Dilts, non si può non ammettere che le convinzioni esistono, sono vere e che plasmano la nostra intera esistenza… è proprio così! Ogni Coach con un minimo di esperienza ha toccato con mano tante, troppe volte, che le convinzioni sono la matrice nella quale è intrappolata la nostra mente.
Prima di mostrarti la strategia che utilizzo, voglio darti una mia visione d’insieme. Generalmente mi occupo poco di affrontare le singole convinzioni limitanti che emergono durante le sessioni di Coaching, perché ho notato che non sempre è produttivo. Soprattutto evito di segnalarlo al mio Coachee.
Ho visto molti Coach segnalare ai propri clienti la cosa, con frasi tipo “questa è una convinzione limitante”. Affermazione che a me sa di giudizio e francamente, se qualcuno la facesse a me, mi farebbe alterare, e non poco. Come ho scritto sopra, sono consapevole che quasi tutto sia determinato da una convinzione che abbiamo, forgiata chissà dove e chissà quando.
“Io esisto” è una convinzione.
“Penso dunque sono” è una convinzione.
Come tali, tutte le convinzioni possono essere limitanti, ma anche potenzianti. Il fatto è che, nel momento in cui abbiamo acquisito quella convinzione, essa ci sembrava in qualche modo utile, quindi potenziante, e magari oggi non lo è più, quindi ci limita.
Ho conosciuto un imprenditore con una bella convinzione limitante riguardo ai suoi dipendenti: pensava che fossero tutti fannulloni e questo lo ha aiutato negli anni a creare una squadra molto disciplinata e produttiva. Ho conosciuto un altro imprenditore con una convinzione potenziante riguardo ai suoi dipendenti: pensava che fossero tutti fedeli a lui e questo gli ha creato non pochi problemi.
Nel mezzo, 50 sfumature di… convinzioni.
Cosa sia per il mio Coachee una convinzione limitante e cosa no, non sta a me giudicarlo. Quello che mi limito a fare è guidare il mio cliente attraverso le fasi necessarie a garantirgli un risultato. E a suon di risultati, ho visto che le convinzioni cambiano eccome.
Come Business Coach, le convinzioni che più mi trovo a gestire riguardano le convinzioni di autoefficacia. Quell’insieme di considerazioni che il Coachee fa sul poter riuscire o non riuscire ad ottenere un risultato. Il prof. Bandura ha ampiamente spiegato cosa sono le convinzioni di autoefficacia; qui possiamo sintetizzare il concetto in questo modo: le convinzioni di autoefficacia sono il giudizio di capacità.
“Posso farlo” contrapposto a “non posso farlo”, questi i due estremi che posso trovare in un imprenditore. Ora, perché pensa questo, come fa a pensarlo e quando ha realizzato un pensiero del genere secondo me importa poco: quello che m’interessa è fargli cambiare, inizialmente anche solo un pochino, la considerazione di poter fare o non poter fare qualcosa con successo. Ho bisogno di uno spiraglio, di una breccia.
“Antonio, questa cosa è impossibile!” Quando me lo dicono, mi limito solo ad analizzare i fatti o i numeri. Faccio un esempio: se qualcuno mi dice che è impossibile raddoppiare il fatturato, a me basta ottenere che il cliente ammetta che sia “soltanto” difficile. Mi sta bene anche un “molto difficile”, questo è già meglio di impossibile.
Così, rispetto ad un progetto o obiettivo, analizzando scenario, mercato, limiti, opportunità, target e così via, può emergere che raddoppiare il fatturato sia difficile, ma non impossibile. Ho già un varco.
A questo punto metto in atto la strategia che il prof. Bandura ha ampiamente spiegato nei suoi lavori: mi concentro sulla creazione delle sue convinzioni di autoefficacia, in contrapposizione a quella di inefficacia.
Come si ottiene questo?
Bisogna lavorare sulle fonti di autoefficacia, che Bandura ci spiega essere sostanzialmente 4.
- La prima è la persuasione, ovvero persuadere il cliente che quella meta sia possibile. Come ho scritto sopra, analizzo i numeri, ma molto spesso uso i controesempi, ovvero chiedo al Coachee di verificare la possibilità che ci sia qualcuno che è già riuscito in un’impresa simile a quella che lui auspica.
- La seconda è rappresentata da come si sente emotivamente rispetto ai suoi obiettivi. Non pensare che io faccia molto, in realtà mi occupo solo di risolvere eventuali preoccupazioni, definendo piani di riserva, così da evitare che si ripropongano le preoccupazioni.
A questo punto, il Coachee ha già iniziato a considerare non più vere le sue convinzioni limitanti, ma non mi fermo qui: voglio dei risultati reali.
Gran parte del mio lavoro consiste nel creare i presupposti per attingere dalle successive due fonti di autoefficacia, che sono quelle più rilevanti e che consentono maggiore persistenza e consolidamento delle convinzioni di autoefficacia, contrapposte alle convinzioni di inefficacia.
- La terza fonte è costituita dalla conoscenza delle “strategie vicarie”, ovvero strategie efficaci al raggiungimento del risultato. È qui che unisco il percorso di Coaching con la consulenza di processo, che rende estremamente efficace il programma di Business Coaching che propongo. Mi assicuro di poter aiutare il mio Coachee ad acquisire la strategia più efficiente possibile: non una cosa che funzioni, ma che funzioni velocemente.
- Infine, quello che voglio ottenere è spingere la quarta fonte di autoefficacia, ovvero le esperienze di successo. Non m’importa quanto grande sia il successo che il mio Coachee raggiungerà, purché ci sia un’esperienza di corretta gestione. Così trasformo con lui l’obiettivo di risultato in obiettivo di processo. Basta anche un piccolo successo, con un gradiente che il Coachee senta adeguato.
Qui me la gioco tutta. E inanellando risultati progressivi, collezionando continue esperienze di successo, il Coachee sente crescere le convinzioni di “potere”. Così, passo dopo passo, un successo dopo l’altro, nuove convinzioni di autoefficacia prendono il posto delle precedenti convinzioni limitanti. L’autoefficacia fiorisce: con questo nuovo asset di convinzioni, il Coachee affronta con nuovo slancio e sicurezza il poter raggiungere la meta auspicata.
Tutto ciò funziona in maniera definitiva. Non è immediato, ma si possono ottenere grandi risultati con pochi incontri. C’è una sola controindicazione: quando il Coachee ottiene questo cambiamento, inizia a rivalutare le sue mete e alza, inevitabilmente, la posta in gioco. Ma, come dire… questo è un happy problem!